Il principio enunciato dalla sentenza della Cgt di secondo grado della Campania n. 4201/11/2023 costituisce un precedente importante in tema di reddito d’impresa, permettendo al socio di una Srl di contestare la pretesa impositiva, sebbene la società non abbia fatto ricorso.

In breve, il caso riguarda una Società a Responsabilità Limitata (Srl) a cui è stato notificato un avviso di accertamento fiscale a causa dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Infatti, a seguito di questo accertamento, il socio della società è stato tassato su un reddito di capitali non dichiarato, basato sulla presunzione di distribuzione di utili ai soci di società con una base sociale ristretta. La società non ha impugnato l’avviso di accertamento, rendendolo definitivo. Il socio ha contestato l’avviso di accertamento nei suoi confronti, sollevando obiezioni sulla legittimità della presunzione di distribuzione di utili e sulla correttezza della ricostruzione del reddito sociale. Inizialmente, il ricorso del socio contro l’accertamento nei confronti della società è stato dichiarato inammissibile, mentre il ricorso contro l’accertamento personale è stato respinto. In appello, l’inammissibilità del ricorso contro la società è stata confermata, ma l’appello relativo all’avviso personale è stato accolto. La corte ha riconosciuto che la definitività dell’accertamento fiscale sulla società non impedisce al socio di contestarne la fondatezza nel suo caso personale.

In conclusione, nel caso in cui al socio venga contestata la distribuzione di utili della società per la ristretta base sociale, allo stesso deve essere consentito censurare l’insussistenza degli utili da distribuire ovvero il fatto costitutivo della presunzione. Nel caso specifico era certa l’insussistenza del fatto costitutivo, in quanto, sulla base dei fatti edotti dall’amministrazione finanziaria, degli utili (distribuiti presuntivamente) non vi era alcuna evidenza.